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QUATTRO CURIOSITÀ SUL NOSTRO BAROLO BRUNATE

QUATTRO CURIOSITÀ SUL NOSTRO BAROLO BRUNATE

Conoscete i Barolo di Marcarini? Li avete mai assaggiati? In caso di risposta negativa, leggeteci: scoprirete una “storia da degustare”. In caso affermativa, leggeteci comunque. Scommettiamo che c’è ancora qualcosa da scoprire?

Ogni vino è un piccolo capolavoro collettivo. Natura, uomini, tradizione. Esperienza, storia, tecnologie. È l’equilibrio tra le parti che rende unica e profonda un’etichetta. Capace cioè di continuare a raccontare la sua storia da qualunque parte la si analizzi: geologia e suolo (a proposito leggete il nostro approfondimento sui terreni di LA MORRA), viticoltura, climatologia, enologia e folklore (sì, un vino è anche il complesso dei costumi e delle tradizioni di una comunità).

Con questo post, vogliamo cominciare una serie di piccoli approfondimenti volti a svelare peculiarità, segreti e storie legate ai nostri vini. Saperne un po’ di più è sempre meglio che saperne di meno: ogni vino vive nel momento della sua condivisione, del racconto che facciamo mentre lo versiamo nei bicchieri.

BAROLO BRUNATE, L’ARCHETIPO DI UN MITO

Brunate è davvero una delle vigne più interessanti della denominazione Barolo. Viene considerato tra i cru più prestigiosi, storici e qualitativamente superiori.

CHE STORIA!

Le prime tracce che qui si coltivasse la vite risalgono almeno al 1300, come si legge nel catasto del Comune di Carmagnola). Da allora, Brunate è stato uno dei cru (o Menzione Geografica Aggiuntiva) più ambiti di La Morra. Ne parla Lorenzo Fantini, nella sua famosa Monografia sulla viticoltura cuneese del 1879, definendo la «Brunata» (o «Brinata») una delle «regioni più rinomate». Renato Ratti, nella sua Carta del Barolo del 1976 inserisce il Brunate tra i cru di «prima categoria». E Alessandro Masnaghetti, nella sua opera sulle MGA del Barolo, definisce il vino qui prodotti come «archetipo» del Re dei vini.

LA PRIMA VOLTA IN ETICHETTA

Da quando Marcarini ha memoria, le vigne in Brunate hanno fatto sempre parte dei possedimenti aziendali. Nel 1958 è proprio di Marcarini a portare il nome di Brunate sulla prima etichetta. Da allora chiunque vinifichi in questa zona è orgoglioso di indicare la provenienza del Barolo da questo cru.

BRRR…INATE

Brunate è una lunga lingua di terra ad anfiteatro che scende vertiginosamente da 405 a 230 metri. Il clima è caratterizzato da fortissimi sbalzi termici. Durante il giorno l’insolazione è perfetta, in pieno Sud, con temperature roventi; di notte, però, i gradi precipitano. Qualcuno ha voluto cercare in questo aspetto l’etimologia del nome: sia per il clima gelido, sia perché, un tempo, le vendemmie erano così tardive che non di rado le uve venivano coperte da uno strato di brina, da cui il nome «Brinate», poi mutato in «Brunate». Altri invece, fanno risalire l’etimo all’aspetto degli acini. Il nebbiolo produce abbondante pruina, una sostanza biancastra che viene naturalmente prodotta dalla pianta per proteggere gli acini. Questa ricorda molto da vicino la brina invernale, da cui il nome. Comunque sia, il microclima del Brunate agisce sul vino facendo emergere note speziate e balsamiche. Gli sbalzi giorno-notte, infine, stressano i tannini, rendendoli morbidi e “tipici” di questa zona.

LA LUNGA CATENA

Per il nostro Brunate, utilizziamo una tecnica di vinificazione tradizionale, detta macerazione a cappello sommerso. In pratica, per più di 40 giorni, le bucce degli acini stanno a contatto con il vino. Queste formano un cappello che sale verso alto (in quanto più leggero), ma viene meccanicamente mantenuto immerso nel liquido. Facciamo questo per due ragioni: da una parte, il colore si stabilizza in modo completamente naturale, rilasciato dalle bucce e lentamente assorbito dal mosto, che non andrà chiarificato. Dall’altra, una macerazione lenta favorisce la polimerizzazione delle molecole dei tannini in catene lunghe che, in bocca, si traducono in sensazioni più morbide e vellutate, anche quando il Barolo è giovane. A proposito, quanto può durare il nostro Brunate? A lungo, ve lo assicuriamo: la sua vita media è di trent’anni, periodo in cui continua ad evolvere e raggiunge la perfezione.

SCOPRI IL BAROLO LA SERRA NEL PROSSIMO POST!

 

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